SATIRA IN ROMANESCO: Ah, se ritornasse Mastro Titta: er boja de Roma.

giovedì 18 febbraio 2016

Ah, se ritornasse Mastro Titta: er boja de Roma.

Chissà quanti di noi hanno dei risentimenti verso i politici italiani e magari per aver giustizia sognano il ritorno di Mastro Titta: er boja de Roma.

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Facchino

Il Facchino è una delle sei statue parlanti di Roma.

Posta originariamente in via del Corso, sulla facciata principale del palazzo de Carolis Simonetti (oggi palazzo del Banco di Roma), nel 1874 fu spostata nella posizione attuale, sulla facciata laterale dello stesso palazzo, in via Lata.

Rappresenta una figura maschile, con il viso quasi completamente consumato, mentre versa acqua da una botte. È la più giovane delle statue parlanti, risalendo infatti al 1580, anno in cui Jacopo Del Conte la realizzò su incarico della Corporazione degli Acquaroli (ma il Vanvitelli, nel 1751, la attribuisce addirittura a Michelangelo). Rappresenta infatti un “acquarolo”, quella figura che, fino a quando, alla fine del ‘500, i pontefici ripristinarono gli acquedotti, prendeva l’acqua dalle fontane pubbliche e la rivendeva porta a porta.

La foggia dell’abito ed un’epigrafe scomparsa in occasione dell’ultimo trasferimento a via Lata, riconduce alla corporazione dei facchini, da cui avrebbe quindi preso il nome. L’attribuzione non sembra però corretta, benché l’epigrafe dedicatoria, in latino, recitasse: ”Ad Abbondio Rizio, coronato [facchino] sul pubblico selciato, valentissimo nel legar fardelli. Portò quanto peso volle, visse quanto poté; ma un giorno, portando un barile di vino in spalla e dentro il corpo, contro la sua volontà morì.”

Come le altre cinque è stata la “voce” di diverse pasquinate, le violente e spesso irriverenti satire indirizzate a colpire anche pesantemente e sempre in modo anonimo i personaggi pubblici più in vista a Roma.

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giovedì 18 febbraio 2016

Ah, se ritornasse Mastro Titta: er boja de Roma.

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